martedì 4 ottobre 2011

Possesso - Compossesso - Immobile di proprietà esclusiva - Situazione di compossesso pro indiviso tra proprietario ed un terzo – Tempo per l’usucapione – Idoneità - Cass. 2 agosto 2011 n. 16914


Con la sentenza 2 agosto 2011 n. 16914, i Giudici di legittimità chiariscono il quesito che consiste nell'acquisizione o meno da parte del terzo della comprorpietà pro indiviso del bene immobile  una volta trascorso il termine utile per l'usucapione.

I Giudici si sono espressi in senso positivo sul punto e accogliendo l’orientamento giurisprudenziale formatosi sulla questione (Cass.  n. 21425 del 2004 e 6818 del 1988) hanno statuito che su di un immobile di proprietà esclusiva di un soggetto può ben crearsi una situazione di compossesso pro indiviso tra lo stesso soggetto proprietario ed un terzo, con il conseguente possibile acquisto, da parte di quest'ultimo, della comproprietà pro indiviso dello stesso bene, una volta trascorso il tempo per l'usucapione, nella misura corrispondente al possesso esercitato. 
Tale situazione di compossesso continua la Corte, che consiste nell'esercizio del comune potere di fatto sulla cosa, in tota et in qualibet parte della stessa, da parte di due soggetti, non esige, infatti la esclusione del possesso del proprietario e non richiede che il compossessore effettivo ignori l'esistenza del diritto altrui, non valendo la contraria eventualità ad escludere l'animus possidendi che sorregge i comportamenti effettivamente tenuti dal possessore il quale abbia usato della cosa uti condominus.

Sul punto vedi anche Cass. 21425 del 2004 e n. 13082 del 2002.

a cura di Elena Ioghà

Procedimento di adottabilità del minore - Litisconsorzio necessario dei genitori – Appello – Sussistenza - Cass. 4 luglio 2011 n. 14554

I genitori sono litisconsorti necessari nel procedimento di adottabilità del minore anche in grado d’appello. 

Lo ha stabilito la Corte di legittimità che con la sentenza  del 4 luglio 2011, n. 14554,  accoglieva il ricorso proposto dal Procuratore Generale della Reppubblica di Palermo e statuiva che in tema di diritto del minore ad una famiglia e segnatamente di sua adozione (nazionale), il titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, che riflette anche principi sovranazionali  dispone che il procedimento deve svolgersi sin dall'inizio con l'assistenza legale dei genitori, i quali devono essere avvertiti dell'apertura della procedura, essere invitati a nominare un difensore, essere informati della nomina di un difensore d'ufficio per il caso che non vi provvedano, ed ancora che gli stessi, assistiti dal difensore, possono partecipare in primo grado a tutti gli accertamenti disposti dal Tribunale e debbono essere sentiti e ricevere la comunicazione dei provvedimenti adottati, nonché possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice, e devono ricevere la notificazione per esteso della sentenza, con contestuale avviso del loro diritto di proporre impugnazione (art. 8 comma 4, art. 10, commi 2 e 5, art. 12, art.13, art. 15, art. 16). 

L'art. 17 prevede, inoltre, che il pubblico ministero e le altre parti possano proporre impugnazione avanti la Corte d'appello e non pone alcuna ulteriore restrizione al novero dei legittimati al gravame e, dunque, deroga al regime del contraddittorio previsto in via generale nel nostro ordinamento positivo processuale con riguardo ai procedimenti contenziosi ordinari.
La novellata normativa attribuendo, dunque, ai genitori del minore una legittimazione autonoma connessa ad un'intensa serie di poteri, facoltà e diritti processuali, è atta a fare assumere loro la veste di parti necessarie e formali dell'intero procedimento di adottabilità  e, quindi, di litisconsorti necessari pure nel giudizio d'appello, quand'anche in primo grado non si siano costituiti, con conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame.

a cura di Elena Ioghà

domenica 2 ottobre 2011

Separazione – Immobile diverso dalla casa familiare – Assegnazione - Esclusione – Cass. 4 luglio 2011 n. 14533


La Suprema Corte torna ad occuparsi della questione avente ad oggetto l’assegnazione della casa familiare ed ha ribadito - con sentenza resa in data 4 luglio 2011 n. 14533 - il concetto che per casa  familiare prevista dall’art. 155 c.c. debba intendersi il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui s'esprime e s'articola la vita familiare.

Invero, sono requisiti imprescindibili, per l'assegnazione della casa "familiare" ad uno dei genitori separati o divorziati, la sussistenza di tale requisito e l'affidamento a questo di figli minorenni (o la convivenza con figli maggiorenni), incolpevolmente privi di adeguati mezzi autonomi di sostentamento.

Sicché l'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155 c.c., comma 4 è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro d'aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione d'ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità. Come ad esempio la casa usata per trascorrere le vacanze.

Nello stesso senso v. Cass n. 4816 del 2009; Cass. 16 luglio 1992 n. 8667; Cass. 9 settembre 2002 n. 13065; Cass. 20 gennaio 2006 n. 1198