La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza di data 23 dicembre 2010 n. 26003 torna ad affrontare il tema relativo alla diversità delle azioni di rivendicazione e di restituzione.
Come è noto, con l’azione di rivendicazione l'attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà.
Al contrario, l’azione di restituzione ha natura personale sicché, l'attore non mira ad ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà del quale, quindi, non è tenuto ad offrire nessuna prova ma mira ad ottenere la riconsegna del bene.
In questo caso l’attore, ed è questa la vera differenza, può limitarsi alla dimostrazione
a) dell'avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa;
b) dell’insussistenza ab origine di qualsiasi titolo.
b) dell’insussistenza ab origine di qualsiasi titolo.
In tale seconda ipotesi, la difesa del convenuto che pretenda di essere proprietario del bene in contestazione, secondo i Giudici «non è idonea a trasformare in reale l'azione personale proposta nei suoi confronti, atteso che, per un verso, la controversia va decisa con esclusivo riferimento alla pretesa dedotta, per altro, la semplice contestazione del convenuto non costituisce strumento idoneo a determinare l'immutazione, oltre die dell'azione, anche dell'onere della prova incombente sull'attore, imponendogli, una prova ben più onerosa - la probatio diabolica della rivendica - di quella cui sarebbe tenuto alla stregua dell'azione inizialmente introdotta».