martedì 29 ottobre 2013

Notifica atto processuale – Perfezionamento – Tardività della notifica - Errore indicazione indirizzo – Esclusione – Cass. 19 settembre 2013 n. 21437

La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito il caso in cui sia portato alla notifica un atto con l’indirizzo del destinatario errato. 

Per la Suprema Corte (sentenza 19 settembre 2013 n. 21437) la notificazione di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna dell'atto all'Ufficiale Giudiziario. Per considerare “tempestiva” tale notifica è necessario che la consegna della copia del ricorso per la spedizione a mezzo posta venga effettuata entro il termine perentorio di legge e che l'eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente ad errori o all'inerzia dell'Ufficiale Giudiziario o dei suoi ausiliari e non del notificante

Quando, invece,  l'atto sia, "ab origine", viziato da errore nell'indicazione dell'esatto indirizzo del destinatario non può considerarsi tempestiva.L’indicazione dell’indirizzo esatto è una formalità che, infatti, non sfugge alla disponibilità del notificante dell'atto all'ufficiale Giudiziario.

Nel caso di specie la notifica è stata considerata tardiva in quanto è stata effettuata al precedente studio del difensore costituito in primo grado.

Mobbing sul luogo di lavoro – Prova – Condotte persecutorie – Definizione – Cass. 28 agosto 2013, n. 19814

La Corte di legittimità definisce chiaramente il mobbing.

Secondo i Supremi Giudici (sentenza 28 agosto 2013, n. 19814) costituisce mobbing la condotta della parte datoriale o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, posta in essere nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e la emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. 

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva, continua la Corte, rilevano elementi quali la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio, l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente, il nesso eziologico tra la condotta della parte datoriale o del superiore gerarchico ed il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore e l'elemento soggettivo, costituito dall'intento persecutorio.