La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del problema relativo al rapporto tra il giudizio civile e giudizio penale e sull'autonomia per l’accertamento e liquidazione dei danni.
Gli
ermellini, hanno ribadito il principio secondo cui l’assoluzione dell’imputato
non influisce sull'interesse della parte civile al risarcimento del danno.
Il
giudizio civile e quello penale sono autonomi e indipendenti. Il Giudice civile
dovrà, dunque, applicare le regole processuali e probatorie proprie del
processo civile, in tema di onere della prova degli elementi oggettivi e
soggettivi dell’illecito.
Il
giudice civile una volta accertato l’evento dannoso, il nesso di causa tra
questo e la condotta dei responsabili, può condannare gli autori dell’illecito al
risarcimento del danno indipendentemente dall'assoluzione con la formula piena,
ai sensi dell’art. 530 co. 1 c.p. “perché il fatto non sussiste” o con
qualsiasi altra formula.
La
Corte nella pronuncia in esame ha, altresì, confermato che il consenso iniziale
della vittima al rapporto sessuale poi succeduto da un dissenso è irrilevante
rispetto alla successiva condotta violenta e, dunque, contraria alla successiva
volontà contraria espressa dalla vittima.
Il caso di specie aveva ad oggetto l’assoluzione di due giovani (rispettivamente di ventotto e ventuno anni), condannati in primo grado per i reati di violenza sessuale di gruppo e di lesioni personali ai danni di una conoscente e poi successivamente assolti in secondo grado con formula piena per insussistenza del fatto, con giudicato penale formatosi sul fatto reato in virtù della mancata impugnazione da parte della pubblica accusa. La ventiseienne, conclusi i procedimenti penali, riassumeva, dunque, il giudizio civile precedentemente instaurato. Il Giudice civile condannava, dunque, al risarcimento dei danni i responsabili dell'illecito civile.
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