La
Corte di Cassazione (Cass. 18-11-2013,
n. 25843) si occupa di un curioso caso avente ad oggetto il c.d.
“shopping compulsivo” da parte del
coniuge quale causa di addebito della separazione.
Secondo
la Corte la patologia dello shopping compulsivo, quale disturbo della
personalità caratterizzato da un impulso irrefrenabile ed immediato ad
acquistare e da una tensione crescente, alleviata soltanto con l'acquisto di
beni mobili, della quale il coniuge sia pienamente consapevole, tale da potersi
ritenere capace di intendere e di volere, configura violazione dei doveri
matrimoniali, ai sensi dell'art. 143 c.c., e costituisce giusta causa di
addebito della separazione.
Nel
caso di specie il CTU nel corso del procedimento aveva determinato che la
coniuge manifestava una nevrosi caratteriale repressa caratterizzata da un impulso irrefrenabile ed
immediato ad acquistare e da una tensione crescente, alleviata soltanto
acquistando appunto beni mobili.
Nessun commento:
Posta un commento